FORTE MONTECCHIO LUSARDI

FORTE ITALIANO DELLA PRIMA GUERRA MONDIALE A COLICO

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Oscar Barcella accanto ad uno dei 4 cannoni 149/35S

 

 

PERCHE' UN FORTE A COLICO

 

Nel corso della storia la Valtellina ha sempre rappresentato una delle maggiori arterie commerciali per il nord Europa quindi Colico, proprio perché situata alla fine della vallata, ha costituito la posizione ideale per una roccaforte.

Lo testimoniano le torri di Fontanedo ma soprattutto il celebre forte di Fuentes che l'omonimo conte spagnolo nel 1603 decise di far costruire a guardia del proprio confine settentrionale. Risalgono invece al 1862 gli studi per una nuova fortificazione voluta dalla "Commissione permanente per la difesa dello Stato".

Il forte avrebbe dovuto arrestare le invasioni provenienti da Maloia, dallo Spluga e dallo Stelvio, ma la Svizzera non venne ritenuta una seria minaccia e il progetto venne accantonato. Se ne riparlerà nel 1871 con il progetto di un nuovo forte da costruirsi sul colle di Fuentes con una spesa preventivata di Lire 1.500.000. L'anno dopo, il comitato di Sua Maestà espresse parere contrario "essendo poco probabile una violazione austriaca nel territorio svizzero; remota e facile da prevedersi nel tempo una violazione da parte della Germania". Si giunge così al 1901 quando il Ministro della guerra progetta la realizzazione di alcune batterie di cannoni. Due formate da quattro pezzi da 149G e protette da un parapetto in muratura da piazzare a Fuentes mentre una terza con due cannoni da mimetizzare in una caverna della penisola di Piona. Purtroppo anche queste opere vennero ritenute poco urgenti e mai realizzate.

 

INIZIO DEI LAVORI

 

Solo nel 1911 prende il via il progetto della "Linea di operazione Mera – Adda” con lo scopo, ancora una volta, di sbarrare il passaggio agli eserciti che avessero disceso la Valtellina e la Valchiavenna. Alcuni generali dello Stato Maggiore, dopo un attento sopralluogo, decisero di piazzare una batteria permanente proprio sul Montecchio Nord. Da questa posizione, infatti, sarebbe stato possibile tirare sulla sponda Occidentale del Lario, sulla strettoia di Novate Mezzola e sulla Bassa Valtellina.

Si iniziò così la costruzione del forte che, inizialmente, si avvalse di un primo stanziamento di Lire 750.000. Nel 1912 il progetto venne rivisto, poiché fu ritenuto indispensabile un ampliamento della polveriera per stipare gli esplosivi, necessari alle interruzioni stradali che precedentemente erano ammassati a Tanno, nei pressi di Chiavenna. Nel dicembre del 1913, all’approssimarsi della Prima Guerra Mondiale, risultano completate le strade d’accesso, mentre per l’opera corazzata sono da poco iniziati i lavori preliminari.

 

LA PRIMA GUERRA MONDIALE

 

Nel luglio del 1914, all’inizio delle ostilità, il forte è ancora in costruzione e, per tale ragione, i lavori subiscono una decisa accelerazione al punto che, nel mese di dicembre, anche l’armamento è completato e il forte è pronto ad aprire il fuoco. Oltre alla batterie del forte Montecchio, altri cannoni erano stati piazzati a Piona e al castello di Vezio, sopra Varenna. Inoltre essendo ritenuta troppo violabile una postazione al livello del lago, altre batterie trovarono posto sulle pendici del monte Legnoncino.

L'alto Comando italiano apparve però sempre poco convinto delle potenzialità del forte al punto che, dopo i danni provocati a giugno dagli obici austriaci al forte di Verena, venne deciso di posizionare i cannoni in luoghi più protetti e difficilmente identificabili dai nemici. Così, come in molti altri forti, nel luglio del 1915 l'armamento del <<Montecchio>> venne smantellato. Nel marzo del 1918 Badoglio ci ripensa: ritenendo imminente una calata da parte dell'esercito austriaco riarma tra gravi difficoltà logistiche il forte.

Terminata la guerra il forte, che nel frattempo era stato ribattezzato <<Lusardi>>, rimane armato ed efficiente e nel 1939 viene affidato al XII settore della GAF (Guardia di Frontiera). Sino agli ultimi giorni della seconda Guerra Mondiale, non è teatro di nessun evento di rilievo. l forte durante la “Grande Guerra” non venne mai toccato direttamente da attacchi e non sparò nemmeno un colpo (se non quelli di prova per il collaudo dei cannoni).

 

L'ULTIMA BATTAGLIA

 

Il <<Progetto Valtellina>> doveva essere l'ultimo estremo tentativo di resistenza della Repubblica Sociale di Mussolini. Nella vallata infatti erano concentrati circa 4.000 uomini fedeli al Duce e sarebbero stati loro a rappresentare il baluardo contro l'avanzata americana.

Il progetto prevedeva il ripiegamento da Milano attraverso la statale 36, lungo la direttrice Monza, Lecco, Colico e una strenua difesa che avrebbe fatto perno proprio sul forte Lusardi. Il presidio era allora occupato da una trentina di uomini, con l'aggiunta di altri reparti che si avvicendavano per periodi di riposo. Erano inoltre presenti un reparto dell'antiaerea e un comando della Guardia di frontiera.

Ma il progetto del RAR, nome in codice del Ridotto Alpino Repubblicano, non convinceva tutti i gerarchi fascisti anche perché alcuni erano convinti di poter contare sulla resistenza offerta dei tedeschi lungo la linea del Po. Proprio per valutare meglio il progetto, il 20 aprile del 1945, il comandante del forte, il tenente Alberto Orio, viene convocato a Como. Una scelta fatidica perché, sorpreso dagli avvenimenti, l’ufficiale non potrà ritornare al proprio posto e, complice l'assenza del comandante, i partigiani (CLN - Comitato di Liberazione Nazionale) guidati da Vittorino Canclini chiedono la resa immediata del forte. Quello che sia accaduto in quelle ore non fu mai chiarito, è comunque sicuro che tra il 25 e il 26 aprile del 1945 vi fu uno scontro armato tra militari italiani e tedeschi all’interno del forte. Due soldati tedeschi morirono, il comandante interinale fu imprigionato e il Montecchio venne consegnato agli uomini del CLN.

Proprio questi uomini, comandati da Battista Canclini, aprirono il fuoco, il 27 aprile, sull’autocolonna tedesca che scortava il Duce sulla parte opposta del lago. I tedeschi avevano già consegnato Mussolini ai partigiani e cercavano di raggiungere il confine Svizzero, ma furono bloccati da cinque cannonate sparate dal CLN. I colpi andarono a vuoto perché i tedeschi avevano distrutto le carte di tiro, ma intimorirono il comandante dell’autocolonna Fallemayer, che raggiunge Colico con la bandiera bianca. Iniziarono così le trattative di pace che si conclusero con la resa firmata dai tedeschi presso l’albergo Isolabella di Colico.

 

IL FORTE OGGI

 

 Il forte è una delle tipiche costruzioni progettate fra il 1910 e il 1914 dal generale Enrico Rocchi che è ritenuto un genio delle costruzioni militari dell’epoca. Si tratta di una struttura, completamente in cemento e pietra, a due piani, con gli alloggi dei militari realizzati in un’ala separata dal corpo centrale. I due edifici risultano collegati grazie ad una galleria scavata nella roccia e protetta da volte dello spessore di circa 2,5 metri.

Sulla sommità dell’edificio sono posizionati, in installazioni girevoli e protette da cupole di acciaio e ghisa, quattro cannoni.

 

I 4 cannoni 149/35S da 3.800 Kg cad.

 

Si tratta del più moderno armamento utilizzato, nelle fortificazioni italiane, durante la Prima Guerra Mondiale. I quattro pezzi sono gli unici originali conservati sino ai giorni nostri. Due di queste armi sono state prodotte dalla ditta francese Schneider in quanto l'industria bellica italiana non era in grado di fornire cannoni necessari per tutte le fortificazioni, mentre le altre due dalle Officine Ansaldo.

I pezzi modello 149/35 S, oltre ad essere i più grandi cannoni presenti in Italia, sono ancora perfettamente funzionanti. Anche se, chiaramente, l’eliminazione del percussore impedisce di aprire il fuoco. Ogni pezzo, oltre a ruotare su se stesso, ha la possibilità di effettuare un alzo fra –8° e +42°. Possiede, inoltre un freno, un recuperatore e un congegno ad aria compressa che permette di espellere dalla canna i gas prodotti dalla deflagrazione.

 

Dettaglio del recuperatore: senza questo sistema il rinculo del

cannone sarebbe stato di circa 11 metri

 

Ogni cannone, dal peso di 3.800 Kg, poteva utilizzare proiettili di tipo diverso. Lo Sharapnel, da 52 Kg, raggiungeva obbiettivi posti a 11.6 Km, mentre le granate 149 S, pesanti 42 Kg, arrivavano fino a 12.1 Km. Più leggere, ma con portata decisamente superiore, le granate monoblocco da 37 Kg, capaci di raggiungere distanze di 14.2 Km.

 

Dettaglio del nastro trasportatore per le granate.

 

Una particolarità dei cannoni è che non usavano cariche di lancio in bossolo, ma in sacchetto. L’esplosivo era pertanto conservato nella polveriera scavata sotto la montagna (raggiungibile dal tunnel) e, nei momenti di necessità, veniva portato al piano superiore grazie ad appositi montacarichi. Mentre una squadra di artiglieri provvedeva all’immediata confezione delle cariche da utilizzare, gli ufficiali, addetti al puntamento, si trovavano nella Camera di Comando. Qui calcolavano le traiettorie per mezzo delle carte e delle tavole di tiro poi, grazie ad un sistema interfono, impartivano gli ordini agli uomini posizionati ai pezzi. Una cupola di osservazione, infine, consentiva di verificare l’efficacia del colpo.

 

Sistema di interfono con tubi di rame che metteva in comunicazione

la sala comando con le 5 riservette e le 4 torri di lancio

 

 

Di intatto si trovano ancora gli impianti elettrici, parzialmente funzionanti, ed i quadri elettrici della “Ercole Marelli”. Sono ancora posizionati tutti i gruppi di aspirazione che avevano il compito di espellere i fumi derivanti dalle deflagrazione dei cannoni; i fumi venivano fatti passare attraverso appositi filtri per eliminare la parte visibile del fumo ed evitare di essere notati dall'esterno. Pur essendo stato costruito nel 1911-14, il progetto e le innovazioni tecnologiche messe in atto precorsero i tempi, facendo del Forte Montecchio un esempio di modernità ed efficienza bellica.

 

         

 Dettaglio dei quadri elettrici che davano corrente all'intero forte.

 

Ecco cosa recita una frase dipinta sulle mura attigue alle torri di lancio del forte: "Conservare le macchine è un dovere". Certi che le istituzioni competenti sapranno garantire la salvaguardia di un patrimonio storico così significativo, invitiamo chiunque legga questa pagina web a visitare di persona il forte. Sarà una bellissima esperienza.

 

 

 

Orari ed altre informazioni per visitare il FORTE MONTECCHIO LUSARDI

 

 

 

Fotografie a cura dell'amico Vismara Niki al quale dedico questa pagina.

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